Oggi vi accompagniamo in un viaggio fantastico che ha come protagonista il Ponte di Veja, dunque ambientato proprio qui a due passi dal nostro Parco Avventura, ma 100 mila anni fa!
Allacciate le cinture.
“La pioggia battente scrosciava senza sosta e Hug si nascose tra gli alberi, era già tutto fradicio ma non voleva mollare la presa, la sua preda era stata ferita, l’aveva raggiunta con una delle sue frecce acuminate di selce.
Tutti lo sapevano, Hug era il più temibile costruttore di armi della zona e anche questa volta l’aveva dimostrato.
La lama aveva colpito senza pietà e la bestia era riuscita a scappare, ma non poteva essere andata molto lontana, Hug lo sapeva.
Intanto il tempo non accennava a migliorare ed entro un’ora sarebbe calata la notte, doveva sbrigarsi.
Si fece coraggio e spiccò un salto, senza paura, atterrando sull’argine del fiume, non doveva cadere in acqua, la corrente era troppo forte, se fosse scivolato non sarebbe sicuramente riuscito a resistevi e sarebbe stato trascinato a valle.
Lui invece doveva braccare quell’animale, l’aveva visto scappare nella caverna, non poteva più sfuggirgli, lo avrebbe trovato.
Si mise a correre sotto la pioggia torrenziale, era gelida a quell’altitudine e in quel periodo dell’anno e costeggiò abilmente il corso del fiume giù giù fino in fondo, dove l’apertura enorme della grotta si mostrava nella sua magnificenza.
I rami degli alberi sbattevano furiosamente contro la roccia, la pioggia tagliava le carni, quel buco gigantesco tetro e spaventoso non gli era mai sembrato più amichevole, lì avrebbe avuto un po’ di tregua.
Vi si infilò, senza paura.
L’ora era tarda e le nubi non permettevano alla poca luce rimasta di rischiarare per più di 30 metri la caverna, ma i suoi occhi vedevano come quelli della sua preda, era un combattimento alla pari, l’avrebbe scovata.
Si appiccicò ad una delle pareti calcaree, almeno il suo fianco destro sarebbe stato al riparo dai pericoli, camminava guardingo, non poteva rischiare di tagliarsi con qualche pietra acuminata, avrebbe offerto a quell’animale la possibilità di pareggiare i conti delle ferite e magari.. fuggire.
I primo tratto lo percorse agilmente, ma ora il terreno saliva ripido e si scivolava, poteva intravedere lassù in alto i pipistrelli che volavano, sembravano agitati, qualcosa doveva trovarsi sotto di loro, forse la sua ricerca era terminata.
Si issò faticosamente grazie ad alcune rocce sporgenti ed ebbe accesso ad un nuovo livello della grotta, era molto esteso ma lì la luce quasi non c’era.
Ora doveva affidarsi agli altri sensi, i suoni in quel luogo oscuro rimbombavano e anche il battito d’ali di un uccello poteva trasformarsi in un rumore sinistro.
Si affidò al suo olfatto, era fine, poteva riconoscere tra l’odore di fiori e muffe anche quello del sangue, era certo che se fosse arrivato abbastanza vicino a quell’animale il sangue fresco della sua ferita avrebbe potuto indicargli dove cercare.
Fuori il temporale non accennava a calmarsi e ormai anche i rigagnoli che da sopra il ponte portavano il fiume fin nelle profondità più recondite della grotta si erano gonfiati, non poteva vederli, ma sentiva lo sciabordare di molteplici cascate e più avanzava più gli spruzzi di quei corsi d’acqua improvvisati lo raggiungevano, bagnandogli il viso.
Pioveva dentro e fuori.
Era stanco, cominciava a pensare che la natura questa volta avrebbe vinto e non gli avrebbe permesso di recuperare il suo pranzo, eppure se l’era meritato, dopo giorni di caccia e infinite ore di affilatura delle armi.
Mentre il buio si apprestava ad avvolgere definitivamente l’antro in cui si era infilato un riflesso attirò la sua attenzione, erano occhi quelli, la flebile luce che penetrava ancora la caverna si rifletteva in due bulbi oculari atterriti, a tratti sparivano per poi tornare a rifletterne quanto bastava a rivelare la sua presenza.
– Ti ho trovata – pensò Hug.
La mano forte si mosse e trasse dalla faretra una delle sue frecce acuminate, anche la punta per un attimo riflettè la sua parte di luce, in quel momento gli occhi della preda si chiusero per l’ultima volta e l’arco scattò.“
Questo racconto è liberamente tratto dalla descrizione del Ponte di Veja che potete trovare di seguito
Wikipedia : https://it.wikipedia.org/wiki/Ponte_di_Veja
Ed ora alzate il volume, mettete la risoluzione del video su YouTube al massimo e godetevi due minuti di puro spettacolo, ecco a voi il maestoso Ponte di Veja cioè ciò che resta di quello che fu quella caverna molte migliaia di anni fa.
Un ringraziamento speciale a Michele Corsi di Webstyle4you https://www.webstyle4you.it/ per queste immagini straordinarie.